LA MAGIA DELLA LANTERNA A CARBONE: INTERVISTA CON STEFANO BOGNAR
di Greta Cinalli e Valerio Greco
Come ogni anno, anche quest'anno a Bologna si è rinnovato l'appuntamento con Il Cinema Ritrovato, evento imperdibile per gli amanti del cinema muto e non solo.
Organizzato dalla Cineteca di Bologna, il festival è un vero e proprio paradiso per i cinefili di tutto il mondo, piazza Maggiore nell'ultima settimana di giugno si trasforma in una sala cinematografica senza eguali, ma tra i momenti più speciali e seguiti del festival ci sono le proiezioni con la lanterna a carbone in piazzetta Pasolini.
È qui che lo spettatore può vivere un'esperienza filmica unica, cullato del suono del vecchio proiettore e ammaliato dal fascio di luce che esce dalla macchina.
Abbiamo incontrato Stefano Bognar, il proiezionista artefice di questa magia. In cabina di proiezione da quando aveva 14 anni, a sentire la storia di Stefano, sembra che il piccolo Totò di “Nuovo cinema Paradiso” sia stato disegnato su di lui.
Nonostante la rivoluzione digitale che sembra annunciare la fine del suo mestiere, quando si tratta di maneggiare la pellicola è Stefano che si chiama: la sua collaborazione con il Cinema Ritrovato risale al 1995 ed è da cinque anni che la “nonna”, il mitico proiettore Prevost di manifattura francese del 1940, affettuosamente chiamato così da Stefano, è la star indiscussa (e più fotografata!) delle serate in piazzetta Pasolini.
Raccontaci qualcosa di te, la leggenda vuole che tu abbia una storia simile a quella di Totò Cascio in “Nuovo Cinema Paradiso”...
Esattamente uguale, perché io dai 13 anni in avanti ho iniziato a frequentare le cabine di proiezione chiedendo i pezzettini di pellicola che venivano tagliati alla fine e all'inizio delle parti e chiaramente mi cacciavano sempre fuori dalla cabina perché io non potevo stare. Poi a 14 anni non c'è stato più niente da fare e sono entrato definitivamente e questo succedeva esattamente quarant'anni fa.
Qual è stato il primo film che hai proiettato?
Il primo film proiettato da solo è stato “Mary Poppins”, 8 dicembre del 1977
Da alcuni anni la Cineteca durante il Cinema Ritrovato rinnova questo appuntamento con le proiezioni con la lanterna a carbone e la piazzetta ogni anno è sempre più piena, secondo te perché, è il fascino del cinema del passato?
è il fascino di una macchina che ha ormai quasi ottant'anni e funziona ancora; è il fascino della luce dell'arco voltaico che non si vede ormai da... le ultime proiezioni a carbone che io mi ricordo, parlo per Genova perché io lavoravo lì, alla fine degli anni '80 è stato smesso di usare i carboni per cui è una rarità.
Perché hanno smesso?
La questione era soprattutto economica e di salute perché i carboni quando tu lavoravi in cabina e stavi dieci ora a proiettare con i carboni comunque respiravi il fumo per dieci ore e fino al 1996 nel contratto nazionale dei lavoratori del cinema avevano chi proiettava con la macchina a carbone aveva diritto a mezzo litro di latte al giorno per pulirsi i polmoni, le vie respiratorie.
La ragione economica era che una copia di carbone all'epoca costava diecimila lire e ti duravano intorno alle tre ore e mezza, dipendeva dalla corrente che usavi, comunque non ci facevi due spettacoli. Una lampada allo xeno, che di ore ne faceva cinquemila, costava un milione e mezzo, per cui sono andati in disuso molto rapidamente con somma gioia dei proiezionisti perché comunque lavorare con l'arco era pesante perché dovevi dargli sempre un occhio, perché non è che era perfetto l'avanzamento per cui ti giravi si spegneva e ti fischiavano, quindi era una proiezione che doveva essere curata sempre.
Ci puoi spiegare un po' come funziona la lanterna a carbone?
La luce dell'arco voltaico è fondamentalmente una trasmissione di corrente nel vuoto, nell'aria, quindi scorre corrente dal negativo verso il positivo, quando io accendo l'arco c'è un corto circuito tra i due carboni insieme, e nel momento in cui li distacco l'aria intorno ai due carboni si ionizza e inizia a passare la corrente nell'aria e il carbone brucia ed emette luce. Questa luce viene emessa nel punto di fuoco dello specchio, la parabola all'interno della macchina... io ho l'arco in questo punto, il fuoco primario dello specchio, che si chiama fuoco uno è la distanza fra questo punto e il fondo dello specchio e li mi riflette la luce, Il fuoco due è la distanza dal fondo dello specchio e lo sportello di proiezione, la punta del cono.... per cui l'arco scocca qua, emette luce che viene riflessa dallo specchio e illumina il film. Ed è lo stesso principio della saldatrice elettrica.
Hai qualche aneddoto da raccontarci, qualcosa che ti è successo durante le tue proiezioni?
Si, quello di finire i carboni e dovermi fermare a metà, perché se non facevi bene il conto del carbone che avevi rischiavi che ti si spegneva a metà film. Io avevo cronometrato ogni cinque minuti quando carbone consumavo poi col righello mi favo il conto più o meno per vedere se bastava o no, altrimenti il rischio è quello, finisce il carbone e finisce la luce e ti devi fermare.
Intervista e video di Valerio Greco