“Le Pupille” (2022) è il cortometraggio diretto da Alice Rohrwacher che nel 2023 è stato candidato agli Oscar nella categoria Miglior cortometraggio live-action. Un corto che ci ha profondamente emozionato e che ci ha spinto ad andare alla ricerca dei luoghi reali in cui è stato girato e che hanno contribuito a rendere “Le Pupille” un film incantevole.
Il corto, 37 minuti di poesia girati in pellicola 16 e 35mm, racconta la storia di un gruppo di orfanelle ribelli chiuse in un collegio cattolico in Italia, rigidamente governato dalla Madre superiora, interpretata da Alba Rohrwacher, durante il periodo dell'Avvento in tempi di carestia e di guerra.
“Le Pupille”, una produzione Tempesta ed Esperanto Filmoj, è disponibile su Disney+ ed è stato presentato in numerosi festival cinematografici tra cui Cannes, Il Cinema Ritrovato di Bologna, Telluride e Toronto. L’anno scorso Alice Rohrwacher in occasione della candidatura agli Oscar ha commentato: “dedico la nomination all'Oscar alle 'bambine cattive' che cattive non sono affatto e che sono in lotta ovunque nel mondo. Auguro che, come nel mio cortometraggio Le Pupille, possano rompere la torta e condividerla tra loro…Le bambine e le donne in Iran, in Afghanistan ma ovunque anche in Svezia e in Umbria”. La nomination agli Oscar era estesa anche ai produttori del cortometraggio: Carlo Cresto-Dina, Alfonso Cuarón e Gabriela Rodriguez.
L’idea del corto è nata proprio da un incontro tra Cuarón e Alice Rohrwacher: “Quando Alfonso Cuarón mi ha chiesto se volevo realizzare un piccolo film sulle feste di Natale – ha raccontato Alice Rohrwacher – subito si è affacciata alla mia mente l’immagine di una grande torta rossa: la torta era su un tavolo, e tante pupille la guardavano affascinate. Quell’immagine era emersa nella mia memoria da una storiella che avevo letto molti anni prima: si trovava in una lettera che la scrittrice Elsa Morante inviò al suo amico Goffredo Fofi per augurargli Buon Natale. La splendida lettera raccontava le sorti di una zuppa inglese capitata in un collegio religioso durante le festività, tanto tempo prima. Immaginando i destini intrecciati in quel collegio, l’avvicinarsi del Natale nei pensieri e nei gesti delle piccole orfanelle rimaste sole con quattro suore, durante un tempo di carestia e di guerra, è nato il film ‘Le Pupille’. Un film sui desideri puri e su quelli interessati, sulla libertà e sulla devozione, sull’anarchia che all’interno del rigido collegio può fiorire nella mente di ognuno”.
In un video per l’American Film Institute la regista ha precisato anche che “le pupille viene da una parola latina che vuol dire ‘bambine’ e sapere che dentro i nostri occhi abbiamo delle bambine - le pupille dei nostri occhi - e che queste bambine sono libere, sono selvagge, sono capaci di afferrare, respingere, di cantare e ballare. Sanno essere appunto vivaci e vitali anche quando il nostro corpo non può muoversi come appunto le bambine che devo sottostare alle dure regole del collegio religioso di cui questa storia parla mi ha molto rallegrato”.
“Le Pupille” è stato girato interamente a Bologna in tre luoghi della città ricchi di storia: il Pio Istituto Sordomute Povere, la Chiesa sconsacrata di San Barbaziano e lungo il portico di San Luca. Le riprese si sono svolte da novembre a dicembre del 2021.
Dal territorio emiliano-romagnolo arrivano anche molte delle giovanissime interpreti del cortometraggio e l’attrice Greta Zuccheri Montanari, già protagonista de “L’uomo che verrà", la pellicola di Giorgio Diritti sulla strage di Marzabotto, che ne “Le Pupille” veste i panni di Suor Paoletta. In parte bolognese è anche la produzione del film, con Carlo Cresta-Dina della casa di produzione cinematografica e televisiva Tempesta.
Scopriamo ora insieme tutte le location bolognesi del corto: ciak si parte!
Attenzione: contiene spoiler!
IL PORTICO DI SAN LUCA
“Le Pupille” inizia in uno dei luoghi più amati dai bolognesi e non solo: San Luca. Il Santuario della Beata Vergine di San Luca, realizzato da Carlo Francesco Dotti tra il 1723 e il 1757 e terminato dal figlio Giovanni Giacomo nel 1774, è infatti uno dei simboli di Bologna e uno dei luoghi a cui i bolognesi sono più legati, tanto che quando si è di ritorno da un viaggio, quando lo si vede spuntare all'orizzonte, si capisce subito di essere arrivati a casa.
San Luca sorge sul colle della Guardia a circa 300 mt di altitudine ed è collegato alla città da un portico che, con i suoi quasi quattro chilometri di lunghezza, è il più lungo del mondo. Ed è proprio sotto questo meraviglioso portico, nominato Patrimonio Mondiale UNESCO, che sono state girate alcune scene del corto di Alice Rohrwacher.
“Le Pupille”, si legge nei titoli di testa, è “un film maldestramente, liberamente ispirato ad una lettera che la scrittrice Elsa Morante inviò al suo amico Goffredo Fofi”. In una delle scene iniziali del cortometraggio si vedono le orfanelle in piedi sui gradini del portico di San Luca recitare cantando parte del testo di questa lettera, lettera che era stata inviata dalla famosa scrittrice all’amico Goffredo il 21 dicembre del 1971 per fargli gli auguri di Natale.
“𝐶𝑎𝑟𝑜 𝐺𝑜𝑓𝑓𝑟𝑒𝑑𝑜, 𝑐𝑜𝑛 𝑞𝑢𝑒𝑠𝑡𝑎 𝑚𝑖𝑎 𝑙𝑒𝑡𝑡𝑒𝑟𝑎 𝑡𝑖 𝑚𝑎𝑛𝑑𝑜 𝑖 𝑚𝑖𝑒𝑖 𝑎𝑢𝑔𝑢𝑟𝑖 𝑑𝑖 𝑁𝑎𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑒 𝐴𝑛𝑛𝑜 𝑁𝑢𝑜𝑣𝑜, 𝑒 𝑡𝑖 𝑟𝑎𝑐𝑐𝑜𝑛𝑡𝑜, 𝑝𝑒𝑟 𝑙’𝑜𝑐𝑐𝑎𝑠𝑖𝑜𝑛𝑒, 𝑢𝑛 𝑓𝑎𝑡𝑡𝑜 𝑣𝑒𝑟𝑜 (𝑣𝑒𝑟𝑜 𝑎𝑙𝑚𝑒𝑛𝑜 𝑖𝑛 𝑝𝑎𝑟𝑡𝑒, 𝑒 𝑓𝑖𝑛𝑜 𝑎 𝑢𝑛 𝑐𝑒𝑟𝑡𝑜 𝑝𝑢𝑛𝑡𝑜)”
Quello di Alice Rohrwacher è un film tutto al femminile tanto che il bambino di nome Egidio al centro della storia raccontata da Elsa Morante nella lettera nel cortometraggio si trasforma in una bambina che sullo schermo ha il volto di Melissa Falasconi, 10 anni, marchigiana ed un grande talento. È lei ad interpretare la piccola Serafina, la “bambina cattiva” protagonista de “Le Pupille”. Se avete già visto il corto vi sarete resi conto di come in realtà tutte le giovani interpreti siano incredibili e meritino un plauso.
Le sequenze del cortometraggio ambientate a San Luca sono state girate tutte nella parte finale del portico e in alcune scene si riesce anche a distinguere la croce posta al termine della salita che indica ai pellegrini o a chi a voluto semplicemente fare il percorso a piedi il raggiungimento del Santuario.
Anche la prima scena in cui compare la madre Madre Superiora Fioralba, interpretata da un’algida Alba Rohrwacher, a cui bastano due brevi battute per far capire subito agli spettatori il temperamento della superiora, è stata girata sotto il portico di San Luca. “È una suora temuta da tutte le ragazzine, che però si emoziona per un raggio di sole che illumina il pavimento, e che quindi dimostra di avere anche lei un’anima” ha detto l’attrice parlando del suo personaggio.
La costruzione del portico che collega Bologna al Santuario iniziò nel 1674 con la realizzazione a Porta Saragozza dell'arco Bonaccorsi da parte dell'architetto Gian Giacomo Monti. Il percorso in pianura del porticato e quello in salita sono congiunti scenograficamente dal bellissimo arco del Meloncello progettato nel 1721 da Carlo Francesco Dotti.
Il portico è lungo esattamente 3.796 m, conta 666 archi e 15 cappelle. Il fatto che sia composto da 666 archi sembra non sia casuale: il numero “del Diavolo” rappresenterebbe infatti il portico come un serpente che terminando ai piedi del santuario ricorderebbe la tradizione iconografica della Madonna che schiaccia sotto il suo piede il Diavolo sconfitto.
La scena in cui Suor Paoletta (Greta Zuccheri Montanari) corre a chiamare il messo del vescovo (Carmelo Macrì) è stata girata sotto al portico, vicino al numero 24 di via di San Luca: è qui che si trova infatti il grande portone di legno dal quale vediamo uscire il messo.
Nella sequenza notiamo Suor Paoletta salire affannata i gradini del portico e non potrebbe essere altrimenti visto che oltre a ripide salite verticali, il percorso verso il Santuario della Madonna di San Luca è costellato anche da una serie di scalini che si dice siano ben 500! Dal momento che, come vi dicevamo, tutte le scene del corto ambientate a San Luca sono state girate nella parte finale del portico, per vedere le location dal vivo vi toccherà per forza fare tutta la salita a piedi fino al Santuario, così potrete verificare di persona che i gradini siano effettivamente 500 o meno! E non vi preoccupate, la bellezza del portico, della Chiesa e della vista dall’alto sulla città di Bologna vi ripagheranno delle fatiche della salita!
La scelta nel cortometraggio di collocare il collegio nelle religiose vicino a San Luca ha un fondamento nella storia reale del luogo: chiunque abbia percorso almeno una volta il portico di San Luca sa che a metà della salita si trova una curva denominata curva delle orfanelle, ma molti non sanno il perché di questo nome e per svelarvene il motivo dobbiamo raccontarvi una storia iniziata quasi cento anni fa ed è la storia di oltre 1500 bambine!
Tutto inizia nel 1930 quando, nel Santuario della Madonna di San Luca, venne inaugurato un orfanotrofio per bambine curato dalle suore Imeldine. Nel 1935 i locali occupati dalle orfanelle vennero destinati ad altro scopo e le bambine, che nel frattempo erano diventate sempre più numerose, vennero trasferite nella cosiddetta "Casetta rosa", una villetta di proprietà della famiglia Poli situata a metà della salita verso San Luca. Nel 1940, nei pressi del precedente, venne costruito un nuovo istituto, più volte ampliato, in grado di accogliere sempre più fanciulle. Questa “Nuova Casa”, che ha ospitato giovani orfanelle fino al 1990, sorge su una curva, la curva delle orfanelle appunto!
PIO ISTITUTO SORDOMUTE POVERE
Il luogo principale dove si svolge la storia de “Le Pupille” è il collegio cattolico dove vivono le orfanelle con le quattro suore. A proposito della ricerca delle location adatte dove ambientare il corto, Alice Rohrwacher ha raccontato, in un’intervista a il Resto del Carlino di Bologna, che inizialmente non doveva essere ambientato in Emilia-Romagna, ma che quando ha visto le location bolognesi sono state amore a prima vista: “sapevo che la storia sarebbe stata ambientata in centro Italia, ma c’era abbastanza libertà di scelta e quando un giorno mi trovavo con Gian Luca Farinelli direttore della Cineteca e le due scenografe Rachele Meliadò ed Emita Frigato, Farinelli mi ha detto che avrebbe fatto una ricerca per luoghi che potevano essere interessanti per me. Quando mi sono trovata nel Pio Istituto Sordomute Povere in via della Braina, non ho avuto dubbi, sarebbe stato quello il mio collegio, ho immediatamente immaginato tutto”.
Il Pio Istituto delle Sordomute Povere si trova nel centro di Bologna, più o meno a metà strada tra la scenografica piazza Santo Stefano e i Giardini Margherita, il parco cittadino più esteso e frequentato del capoluogo emiliano-romagnolo. L’istituto è stato fondato nel 1845 da Monsignor Pietro Buffetti parroco della chiesa della SS. Trinità di via Santo Stefano e dai Conti Piriteo e Annibale Vincenzo Ranuzzi con lo scopo di accogliere e istruire fanciulle sordomute provenienti da famiglie povere favorendo il loro inserimento nella società e all’inizio l’attività per le sordomute si svolgeva proprio nel palazzo della famiglia Ranuzzi. Nel 1890 divenne Opera Pia e dall’ultimo decennio del Novecento è anche Residenza Universitaria Femminile. Dal 2004 il Pio Istituto venne convertito in Fondazione privata mantenendo nei principi e nella missione lo spirito di assistenza per le patologie della sordità e di ospitalità di ragazze che devono allontanarsi momentaneamente dalla famiglia di origine per poter seguire il proprio piano di studi.
Dal 1857, quando venne acquistato il complesso conventuale di Ognissanti con annesso un grande orto, il Pio Istituto ha sede in via della Braina 11, in un palazzo dal caratteristico color rosso bolognese. Qui il grande portone in legno sul quale campeggia la scritta “Istituto Sordomute” nasconde al primo piano un mondo cristallizzato nel tempo, sconosciuto ai più. Già perché il Pio Istituto Sordomute Povere non è solitamente aperto al pubblico, ringraziamo quindi Massimiliano Rusconi Rizzi che ci ha permesso di entrare in questo luogo incredibile per realizzare questo articolo.
Quando ne “Le Pupille” entra in scena uno dei personaggi più divertenti del cortometraggio - quello di Rosa, la ricca signora un po’ sopra alla righe in cerca di intercessioni dalla orfanelle per far tornare il suo innamorato, interpretato magnificamente da Valeria Bruni Tedeschi - vediamo per la prima volta che aspetto ha nella finzione l’esterno del collegio religioso. Dietro il cancello dell’istituto si scorge un profilo architettonico famigliare che ci fa credere di essere a due passi dal portico di San Luca, ma niente è come sembra!
Tutte le scene ambientate all’esterno del collegio religioso non state girate infatti vicino a San Luca, ma nei seicenteschi Orti di Orfeo, un quadrilatero di verde che si nasconde tra i palazzi di via Orfeo, via Rialto, via della Braina e via dè Coltelli, ultimo esempio di orto conventuale a Bologna. Si tratta di un angolo di campagna nel cuore della città, inaspettato e suggestivo, dotato di un microclima particolare dove crescono ortaggi, alberi da frutto e filari di vite. Una sorta di giardino segreto che fino a poco tempo fa era aperto solo pochi giorni all’anno in occasione di particolari eventi e dove oggi trovate il giardino esterno del rinomato ristorante bolognese Scacco Matto agli Orti.
Come potete vedere dalle immagini sotto scattate durante l’allestimento del set, negli Orti di Orfeo è stato ricreato una piccola parte del portico di San Luca insieme ad altri elementi scenografici che hanno modificato l’aspetto dell’entrata al giardino in modo che sembrasse l’ingresso di un collegio religioso.
La scenografia è stata realizzata da Latesdecori, un laboratorio artigianale della provincia di Roma specializzato nella lavorazione del legno, del polistirolo e della vetroresina per scenografie cinematografiche, allestimenti ed eventi.
La finestra dalla quale si affacciano le bambine richiamate dalle urla della ricca signora Rosa è quella posta proprio sopra la porta del ristorante Scacco Matto agli Orti che dalla sala da pranzo conduce al giardino. Come potete vedere confrontando le immagini reali con quelle del corto, al palazzo di via della Braina che affaccia sugli Orti di Orfeo - usato per rappresentare gli esterni del collegio - è stata aggiunta la scritta “Opera Pia S. Lucia”, mentre la rete che delimita il perimetro del giardino è stata camuffata con un finto muretto e al cancelletto d’ingresso sono state aggiunte colonne e un crocifisso.
Saliamo ora al primo piano del Pio Istituto Sordomute Povere per scoprire dove sono stati girati gli interni del collegio religioso de “Le Pupille”. Qui, la locandina e una foto di scena del cortometraggio appese vicine all’ingresso di quello che è il Museo del Pio Istituto, ricordano che le riprese del film si sono solte proprio tra queste mura. Nelle stanze che hanno ospitato tante ragazze non udenti provenienti da famiglie disagiate bolognesi il tempo sembra essersi fermato e notiamo che tutti gli oggetti sono stati lasciati nel posto in cui si trovavano fino a pochi anni fa, a testimonianza della vita quotidiana di queste fanciulle. Le riprese del corto si sono svolte sostanzialmente in due camere del museo: il dormitorio delle ragazze e il laboratorio di sartoria.
Il grande dormitorio affacciato sugli Orti di Orfeo, dove alloggiavano le giovani studentesse, sembra uscito da un racconto di Dickens: sono sette i lettini in ferro messi in fila nella stanza, tutti rifatti con estremo ordine (come avrebbe voluto anche la madre superiora de “Le Pupille”!). Sopra ciascuno letto è presente una targhetta ovale con un nome, che non è il nome di chi occupava quel letto, ma è il nome del donatore. Sono gli stessi lettini che si vedono nel nel corto di Alice Rohrwacher, ma nel film i nomi sulle targhette sono stati nascosti ponendoci sopra delle raffigurazioni della Madonna.
In una delle pareti del dormitorio spicca un affresco sul muro raffigurante San Lucia: si è proprio quello che compare più volte ne “Le Pupille”, anche se l’opera non si trovava originariamente nella stanza, ma è stata realizzata appositamente per il corto e poi è rimasta qui.
“Le bambine obbedienti non possono muoversi, ma le loro pupille possono ballare la danza scatenata della libertà” ha dichiarato Alice Rohrwacher parlando del corto. E una delle scene più belle di questa di fiaba di Natale è quella in cui le bambine riescono a ballare veramente con tutto il loro corpo, anche solo per pochi istanti. Quel “tempo di carestia e di guerra” di cui parla la regista, anche se non viene mai detto, è sicuramente la Seconda Guerra Mondiale. Le orfanelle sono costrette ad ascoltare i comunicati sui combattimenti diffusi dalla radio, ma quando in un momento di assenza della suora la frequenza cambia di poco e nella stanza si diffondono le note di “Ba ba baciami piccina“, ecco che le bambine iniziano a cantare e a ballare libere questa canzone gioiosa e proibita incisa da Alberto Rabagliati nel 1940.
"Ba-ba-baciami piccina
Con la bo-bo-bocca piccolina
Dammi tan-tan-tanti baci in quantità
Lala lala lala lala lala" [Alberto Rabagliati]
La scena della radio è stata girata in quello che era il laboratorio di sartoria del Pio Istituto Sordomute Povere. Nella stanza, sui tavoli di legno, ci sono ancora tutti gli oggetti necessari per i lavori di ricamo e cucito: telai di legno, macchine da cucire Singer, rocchetti di filo e altri strumenti del mestiere perché nell’istituto le fanciulle imparavano a leggere e scrivere, ma anche a ricamare e cucire per potersi poi mantenere.
Come avrete notato dalle immagini, per ovvie esigenze sceniche, la stanza della sartoria è stata completamente trasformata e gran parte dell’arredamento originale è stato tolto. Alle pareti sono state appese le ali dei costumi delle bambine, ma se guardate con attenzione la scena noterete che alcuni oggetti del Pio Istituto come, ad esempio, l’orologio a pendolo e alcune immagini sacre, non sono stati spostati e nel corto li potete notare proprio sopra alla radio.
Scendendo al piano terra del Pio Istituto, troviamo la stanza in cui è stata girata la scena in cui la Madre Superiora pulisce la lingua con il sapone alla bambine che avevano cantano “Ba ba baciami piccina” per lavarle dal peccato di quelle parole da lei ritenute sconvenienti. Alle spalle delle piccole protagoniste si riconosce chiaramente la grande vetrata che affaccia sugli Orti di Orfeo. Qui la dolce Serafina, che nulla aveva fatto, viene addita dalla Superiora come “cattiva”.
Per esigenze sceniche nella stanza sono stati aggiunti elementi scenografici come il lavandino e le mattonelle. Una delle orfanelle più piccole, la giovane romagnola Maria Renata Corelli che all’epoca aveva 9 anni in un’intervista ha detto: “Il mio ruolo è di una ribelle, in una scena ho dovuto mangiare una saponetta, non vera s’intende. Non avevamo un copione, ci dicevano la parte a voce e poi con molta naturalezza, recitavamo”.
La sala da pranzo dove mangiavano le orfanelle nella corto è stata ricreata in quello in un tempo era il refettorio del convento, ovvero una grande sala al piano terra che affaccia direttamente sugli Orti di Orfeo. Alcuni elementi di arredamento presenti durante le riprese, come la credenza e l’armadio, sono stati incorporati nella scenografia del film.
Oggi questo spazio è totalmente cambiato rispetto al 2021 quando è stato girato il corto perché dall’estate del 2023 accoglie la sala da pranzo del rinomato ristorante bolognese Scacco Matto agli Orti dello chef lucano Mario Ferrara e del figlio Simone. L’ambiente è stato completamente ristrutturato, ma nel soffitto sono ancora evidenti le volte e cornicioni che si vedono anche nel cortometraggio.
Nelle scene girate nella sala da pranzo è impossibile non notare in fondo alla stanza una grande mappa appesa alla parete dove campeggia la scritta “Tutte le strade conducono a Roma”, frase che a noi sembra proprio un richiamo alla parte conclusiva della lettera scritta da Elsa Morante che trovare riprodotta per intero alla fine di questo articolo.
La porta dalla quale entra lo spazzacamino Goffredo interpretato da Luciano Vergaro, già interprete di altri film di Alice Rohrwacher come “Lazzaro felice” (2018) e la “La chimera” (2023), è la porta che dalla sala da pranzo del ristorante conduce fuori al giardino. Il ritratto del Vescovo che si vede appeso alla parete è un cameo di Alessandro Genovese!
CHIESA SCONSACRATA DI SAN BARBAZIANO
Terza e ultima location de “Le Pupille” è la Chiesa sconsacrata di San Barbaziano che si trova all’incrocio tra via Barberia e via Cesare Battisti, a cinque minuti a piedi da piazza Maggiore.
La chiesa, dedicata a San Barbaziano, monaco eremita, è stata costruita tra il 1608 e il 1618 dall’architetto bolognese Pietro Fiorini per sostituire la vecchia chiesa di epoca romanica del convento omonimo che, secondo una leggenda agiografica, sarebbe stata edificata nientemeno che da San Petronio, il santo patrono di Bologna.
La chiesa è formata un’unica navata sulla quale affacciano quattro cappelle laterali per lato, alcune delle quali facenti parte della chiesa originaria e inglobate da Fiorini nella nuova costruzione. La struttura è stata per diversi anni in abbandono a causa dell’uso improprio che venne fatto della chiesa nel corso degli anni a cominciare dall’esproprio avvenuto nel 1797 da parte del nuovo governo repubblicano di allora, quando il convento fu acquistato da un privato e la chiesa diventò di proprietà del Comune di Bologna.
Nel 1817 verrà abbattuto il campanile e l’edificio ecclesiastico, spogliato del suo contenuto, sarà utilizzato come magazzino di fieno e paglia. Nel 1870 la proprietà passò al Demanio dello Stato che utilizzò la chiesa come magazzino militare provocando però danni all’edificio anche a causa della costruzione di un soppalco, esteso a tutta la navata centrale, per sfruttare meglio lo spazio disponibile. In seguito la chiesa venne utilizzata addirittura come autorimessa.
Negli ultimi anni la proprietà è passata alla sovrintendenza per i beni culturali e la gestione della struttura, attraverso un bando, è stata assegnata per 15 anni a AICS – Comitato Provinciale di Bologna che, attraverso un progetto denominato Arca, ha come obbiettivo quello di far diventare San Barbaziano un grande centro polifunzionale destinato alle arti performative e circensi che dovrebbe aprire nel 2025.
Le riprese de “Le Pupille” nella Chiesa di San Barbaziano si sono svolte a novembre del 2021. All’interno dell’edificio ecclesiastico sono state girate le suggestive scene della rappresentazione della Natività: un piccolo presepe vivente con le orfanelle vestite da angeli intente a vegliare dall’alto la nascita di Gesù, interpretato dalla più piccola delle bambine. Nei panni di Giuseppe suor Paoletta con tanto di baffi.
La scena è ambientata durante la notte del 24 dicembre e la chiesa delle religiose, illuminata solo dalla luce delle candele, è avvolta dalla penombra, ma nelle immagini del corto si nota comunque come l’ampia e vuota navata di San Barbaziano sia stata arredata per le riprese con scarni arredi liturgici come un piccolo organo, panche, inginocchiatoi e portacandele. Dal portone d’ingresso dal quale entrano i fedeli per chiedere una grazia alle piccole orfanelle si scorge per un attimo via Cesare Battisti, per l’occasione imbiancata con la neve.
A chiedere un’intercessione a queste bambine ritenuto un po’ sante e un po’ magiche, anche Rosa l’innamorata che per l’occasione porta in dono una torta spropositata, una zuppa inglese fatta con ben 70 uova! “Si, si. Si chiama così, ma è italico, eh. Ci mancherebbe” si affretta a chiarire Rosa alla Madre Superiora perplessa per questo dono.
L’inquadratura delle orfanelle appese sopra la natività vestite da angioletti ci ricorda i tableaux vivants di Pasolini ne “La Ricotta” (1963), ma nel caso de “Le Pupille” l’ispirazione non arriva dalla pittura, ma dal Museo dei Misteri di Campobasso dove sono esposte le strutture - dette Ingegni - ideate e realizzate a metà del ‘700 da Paolo Saverio di Zinno e i costumi che caratterizzano il Festival dei Misteri che si svolge da più di 200 anni il giorno del Corpus Domini. “Siamo stati al museo di Campobasso, abbiamo visto le macchine che avremmo voluto utilizzare. Ci sarebbe piaciuto usare l’originale ma non è stato possibile averla in prestito. Così ne abbiamo ricostruita una” ha raccontato Alice Rohrwacher. “Naturalmente non si trattava di una macchina in movimento, come nella bellissima processione di Campobasso, ma di un quadro vivente, una macchina fissa in cui le bambine vestite da angeli potessero assistere alla natività”, ha aggiunto.
La processione dei Misteri è una sfilata di 13 grandi “quadri viventi”, i Misteri, che percorrono le vie di Campobasso portati a spalla da giovani e che hanno per oggetto delle tematiche religiose. Gli ingegni sono strutture metalliche a cui sono ancorati sia bambini che adulti che, grazie agli ampi costumi, sembrano galleggiare nell’aria, esattamente come le orfanelle de “Le Pupille”.
Come raccontato dalla stessa regista per realizzare la struttura del film è stata fatto un accurato lavoro di ricerca: “Le scenografe Emita Frigato e Rachele Meliadò sono andate a vedere il Museo dei Misteri e hanno disegnato la macchina, mentre la costumista Loredana Buscemi ha cercato negli archivi le immagini degli angeli di Campobasso come ispirazione per disegnare i costumi delle bambine”. Quello che vediamo nel corto è chiaramente ispirato al cosiddetto Mistero del S.S.mo Cuore di Gesù, il tredicesimo e ultimo Ingegno che tradizionalmente chiude la sfilata di Campobasso. La scena raffigurata in questo Mistero è caratterizzata da due elementi principali: la Natività, simboleggiata dalla presenza di Maria e Giuseppe seduti sulla base del Mistero e il Santo Nome di Gesù, identificato dalle lettere JHS presenti all’interno del grosso cuore posto sulla sommità della struttura.
Se non conoscevate queste macchine processionali e siete curiosi di scoprire quali siano gli altri Misteri a sfilare o semplicemente volete saperne qualcosa di più, potete andare sul sito ufficiale dei Misteri www.misterietradizioni.com dove trovate tutta la storia di questa affascinante tradizione molisana.
LA LETTERA
All’indomani della notizia della nomination de “Le Pupille” agli Oscar Alice Rohrwacher ha ringraziato tra gli altri anche Goffredo Fofi “che mi ha spinto a leggere questa storia di Elsa Morante che ha immaginato di raccontare i desideri, gli scandali e la necessità di ribellione attraverso la fiaba di una zuppa inglese”.
La lettera, scritta dalla Morante nel dicembre del 1971, era stata pubblicata per la prima volta nel 1988 in un volumetto intitolato “Piccolo manifesto e altri scritti” allegato al n.33 del mensile politico letterario diretto da Fofi Linea d’ombra. Oggi la trovate anche in “Cara Elsa. Storia di un'amicizia”, il volume uscito nel 2022 e curato da Goffredo Fofi che raccoglie le numerose lettere che la Morante e Fofi si scambiarono tra il 1968 e il 1985.
Qui di seguito trovate il testo integrale della lettera.
Roma 21 dicembre 1971
Caro Goffredo
con questa mia lettera ti mando i miei auguri di Natale e Anno Nuovo, e ti racconto, per l’occasione, un fatto vero (vero almeno in parte, e fino a un certo punto). Avvenne più di 50 anni fa, nel periodo delle feste (credo che fossero proprio le feste natalizie). In un collegio di preti (o frati) una diecina di ragazzetti erano costretti, per motivi di famiglia, a passare le feste dentro. Il pranzo della festa principale (giorno di Natale) fu – relativamente – lauto. la lista era: Fettuccine – Abbacchio con patate – 1 pera. Alla fine viene però portasta a tavola una magnifica torta (zuppa inglese) del diametro di almeno 45 cm.
Si alza il Priore e dice: “Figlioli, in questo santo giorno vi invito a pensare a tanti poveri bambini che non hanno nemmeno il pane: e nel pensiero di questi poverelli vi invito a offrire un fioretto a Gesù. A ciascuno dei presenti qui raccolti a questa tavola tocca, o toccherebbe, una fetta della torta che qui vedete. Ebbene, ecco la mia proposta: rinunciare alla propria fetta di torta, offrendola come fioretto a Gesù. Tutti i bambini buoni che sono d’accordo su questo fioretto, adesso si alzeranno da tavola. Va bene?”. Tutti rispondono compunti: "Sì, padre". E si alzano. Tutti meno uno, un certo Egidio che non risponde e non si alza. A trattenerlo sulla sedia è una sensazione strana: gli sembra che quel fioretto puzzi. “Egidio! Non hai sentito? E perché tu non ti alzi? Tutti i bambini buoni si sono alzati. E tu?”. Egidio si fa rosso, e non trova altra risposta: “Io sono cattivo”. “Ah”, fa il Priore amareggiatissimo. E sia pure controvoglia, è costretto a tagliare una fetta di torta e metterla nel piatto di Egidio. Il quale rimane solo a tavola con la sua fetta di zuppa inglese.
Il peggio è che, tra tutti i dolci, proprio la zuppa inglese non gli piace. Ne mangia un pezzetto, ma non gli va. In quel momento vede, dietro la vetrata del refettorio, un cagnaccio di nessuno che fissa il suo piatto con ingordigia. Tanto per finirla, gli dà il resto della sua torta. Il cane l’ha divorata in un lampo. Exit Egidio. Rientra il Priore. E guarda quella torta non più intera, cioè mancante di una fetta, che gli urta doppiamente i nervi. Primo motivo: perché è simbolo materiale che nel suo gregge c’è una pecorella smarrita, un individualista anzi un aristocratico e, diciamolo pure, un reazionario: EGIDIO! E secondo motivo: per ragioni politiche, giacché, come spesso succede, dietro a quel fioretto collettivo si nascondeva anche una politica; cioè il Priore si riprometteva di offrire quella torta, rinunciata dai ragazzi, alla potentissima, grassissima e ghiottissima badessa di un convento del circondario, la quale giustamente gliene avrebbe reso merito…
Ma adesso che la torta non è più intera, mancando di uno spicchio, decentemente non può offrirgliela più. E quanto a lui stesso, per colmo di rabbia, lui soffre di diabete… anzi, alle altre sue rabbie, si aggiungeva un po’ di invidia per Egidio che col suo stomacuccio fresco, ha gustato il sapore dello zucchero… In poche parole: quella torta gli è divenuta odiosa al punto che quasi quasi la butterebbe nel cesso!
In quel momento il caso vuole che passi di là il piccolo spazzacamino del convento (1), che viene in questo giorno a riscuotere i propri crediti (il Priore è di solito un tardo pagatore) i quali ammontano in tutto (lavoro di tutto l’inverno) a L.2,45 (si tratta di 50 anni fa). Seccato, il Priore gli molla, all’uso solito, un acconto di L.0,50 dicendo: "Ripassa quest’altr’anno per il resto". In quel momento gli ricasca sotto gli occhi la maledetta torta, e per liberarsene, la mette tra le braccia del piccolo spazzacamino: “To’, portatela via e togliti subito dai piedi”. Lo spazzacamino scappa via, e se la va a mangiare con i suoi compagnucci spazzacamini. Fine.
MORALE: - Le vie del signore sono infinite oppure - Tutte le strade portano a Roma. Non so. La storia, a ogni modo è (fino ad un certo punto) vera. Non ti ho raccontato una balla. Avvenne più di 50 anni fa (esattamente, se non mi sbaglio, 53 o 54 anni fa). (1) N.B. (al posto dello spazzacamino, forse c’era il garzone del lattaio – o altro sotto-proletario minorenne)
Elsa
CURIOSITÀ
Sapete che nel corto c’è un piccolo cameo di Gian Luca Farinelli, il direttore della Cineteca di Bologna? Lo si vede brevemente nella scena finale de “Le Pupille” interpretare la parte del benpensante che, con il suo sguardo, giudica il povero spazzacamino che è inciampato su uno dei gradini del portico di San Luca con la mitica zuppa inglese in mano. E voi l’avevate riconosciuto? Scrivetecelo nei commenti!
Ad interpretare Suor Carmela è Lady Maru, dj, musicista e producer romana, tra i nomi più affermati del circuito underground.
Se anche voi dopo aver visto “Le Pupille” è venuta una gran voglia di dolce, sappiate che la mitica zuppa inglese del corto è stata realizzata dal pasticcere bolognese Francesco Elmi della pasticceria Regina di Quadri di via Castiglione. La ricetta della torta è stata replicata in occasione delle anteprime nei vari stati dove il corto è stato distribuito, compresi gli Stati Uniti.
Oltre alla torta, Francesco Elmi ha realizzato anche la saponetta commestibile che viene fatta mangiare alla bambine “cattive” in una scena del corto. Indovinate di cosa era fatta? Esatto, di cioccolata bianca!
⭐TIPS utili se andate a Bologna
Il museo del Pio Istituto è accessibile al pubblico solo durante alcuni eventi come Peonia in Bloom, la mostra mercato organizzata tutti gli anni a maggio a sostegno di progetti della Fondazione Pio Istituto Sordomute Povere. L’appuntamento nel 2024 è dal 17 al 19 maggio.
È possibile cenare sotto le stelle tra le pergole di vite degli Orti di Orfeo grazie al ristorante Scaccomatto agli Orti che ha portato le prelibatezze delle cucina dello chef Mario Ferrara in questo giardino segreto rimasto fermo nel tempo.
Dal Santuario della Madonna di San Luca si può godere di una meravigliosa vista sul panorama circostante, ma vi consigliamo di approfittare anche della San Luca Sky Experience che, grazie all’associazione Succede solo a Bologna, vi da la possibilità di accedere al terrazzino panoramico posto alla base della cupola del Santuario dove, ad un’altezza di circa 42 metri, potrete godere di una veduta unica a 180 gradi di Bologna e dei suoi famosi colli!
Ringraziamenti
Ringraziamo di cuore tutti quelli che ci hanno aiutato a realizzare questo articolo:
Massimiliano Rusconi Rizzi del Pio Istituto Sordomute Povere di Bologna.
Chiara Di Mase di Tempesta.
Simone Ferrara e Chiara del ristorante Scacco Matto agli Orti di Bologna.
Questo articolo fa parte del progetto dedicato alla scoperta dei luoghi cinematografici che sorgono a ridosso della storica via Emilia, da noi ribattezzata “strada del cinema”. In Emilia-Romagna sono stati girati infatti molti capolavori ed è in questa terra che sono nati molti dei registi e degli attori che hanno fatto la storia del cinema italiano. Nel nostro Blog trovate anche "La Rimini di Federico Fellini - Viaggio nei luoghi di Amarcord" e "Giulietta Masina e San Giorgio di Piano - Alla scoperto del paese natale della celebre attrice".
Se vi piacerebbe leggere altri articoli dedicati al cinema in Emilia-Romagna, scrivetecelo nei commenti!
Speriamo che questo articolo vi sia piaciuto e se avete suggerimenti o domande, lasciate un commento!