di Greta Cinalli e Valerio Greco
Siamo andati alla scoperta di Rimini, città d’arte simbolo della Riviera Romagnola, ma anche città con uno stretto legame con Federico Fellini che qui nacque il 20 gennaio del 1920 e che qui ambientò alcune delle sue pellicole più famose, tra cui quella più personale e autobiografica che nel 1975 gli valse il premio Oscar: "Amarcord" (1973).
Ricordate le parole pronunciate dal personaggio dell’avvocato in una delle prime scene del film? Introduceva Rimini spiegando che "la nascita di questo paese si perde nella notte dei tempi…comunque la prima data certa è il 268 a.C. quando divenne colonia romana e punto di partenza della via Emilia". Proprio per questo abbiamo scelto Rimini come prima tappa di un viaggio che ci porterà alla scoperta dei luoghi cinematografici che sorgono a ridosso di quella che è una delle strade più famose d’Italia, la via Emilia appunto. Una strada storica che potremmo ribattezzare "strada del cinema" visto i tanti registi che hanno scelto città o luoghi che si trovano vicino a questa via per ambientare le proprie pellicole.
Con "Amarcord" - "Mi ricordo" in dialetto romagnolo - Fellini racconta la Rimini degli anni 30, la sua giovinezza, gli amici e l’inseparabile Luigi "Titta" Benzi, il fascismo e tutti quei personaggi che popolavano la realtà romagnola di quei tempi. Rimini entra nel mito anche grazie al suo cinema nonostante il fatto che Fellini non abbia mai girato nemmeno un metro di pellicola nella sua città natale. Quella che compare nella maggior parte dei suoi film è una Rimini immaginaria, è la Rimini dei suoi ricordi giovanili o come lui stesso disse "una dimensione della memoria". La città di "Amarcord", completamente ricostruita a Cinecittà, è una città che fa parte di una dimensione onirica, un racconto fatto di ricordi che vanno dal Grand Hotel al cinema Fulgor, da piazza Cavour al porto fino a Borgo San Giuliano.
Il modo migliore per scoprire la Rimini di Fellini è esplorarla a piedi o usare la bicicletta. Partendo dal mare e arrivando al centro storico, abbiamo cercato le tracce del grande maestro del cinema italiano e le atmosfere dei suoi film nei luoghi legati alla sua giovinezza, come le numerose case in cui ha abitato o le scuole che ha frequentato; in quei luoghi che hanno segnato passaggi significativi della sua vita, come Castel Sismondo, dove da piccolo andava a vedere l’amato circo che ritroveremo nei suoi film; e infine negli edifici e nei monumenti che hanno fatto da scenario alle sue pellicole.
Con la bellissima musica di Nino Rota composta per il film nella testa iniziamo quindi il nostro viaggio cinematografico in quella Rimini che Fellini definì "un pastrocchio, confuso, pauroso, tenero, con questo grande respiro, questo vuoto aperto del mare".
Il Grand Hotel di Rimini
Il nostro viaggio nella Rimini di Federico Fellini inizia con il simbolo della Dolce Vita riminese: il mitico Grand Hotel di Rimini. Luogo dell’immaginario felliniano per eccellenza, ma anche uno dei simboli della città, il Grand Hotel venne inaugurato nel 1908 e divenne famoso nel mondo soprattutto grazie alle indimenticabili sequenze di "Amarcord" in cui Fellini ne esaltava il fascino e le atmosfere da sogno. Diventato protagonista indiscusso della Riviera romagnola ed eletto monumento nazionale nel 1994, il Grand Hotel sorge nel Parco Federico Fellini, un’area verde di pini e lecci in cui si trova la nota Fontana dei Quattro Cavalli.
L’elegante facciata Liberty dell’hotel che si erge imponente a due passi dal mare e le storie e le leggende degli ospiti illustri che soggiornarono qui avevano alimentato i sogni giovanili di Fellini che da ragazzo era solito sbirciare dal cancello dell’albergo la vita lussuosa che vi si conduceva all’interno. Come raccontato da lui stesso "il Grand Hotel era la favola della ricchezza, del lusso, dello sfarzo orientale. (…) Gli giravamo attorno come topi per darci un’occhiata dentro; ma era impossibile". Fellini in "Amarcord" ha quindi deciso di rendere immortale l’atmosfera fantastica di questo luogo che tanto lo aveva affascinato da giovane e dove lui stesso amava soggiornare quando tornava in Riviera.
Grazie al grande schermo il Grand Hotel di Rimini è diventato così un luogo leggendario e quando siamo arrivati qui davanti abbiamo avuto la sensazione di trovarci come dentro a un film. Tra tutte le sequenze di "Amarcord" ambientate al suo interno come non ricordare quella celebre della Gradisca, che si era appiccicata addosso quel nome quando da sotto le lenzuola del Grand Hotel si era rivolta al Principe dicendo: "Signor Principe, gradisca".
Prima di proseguire verso la spiaggia, sulla destra del Parco Federico Fellini, troviamo la Fellinia, una gigantesca macchina fotografica che riproduce le fattezze di una mitica Ferrania. Costruita nel 1948 interamente a mano dal fotografo riminese Elio Guerra come bottega fotografica, nel corso degli anni è diventata uno degli oggetti più fotografati di Rimini, finendo immancabilmente nelle classiche foto ricordo dei turisti della Riviera romagnola… e anche nelle nostre!
Il lungomare e il porto
Il mare si trova a due passi dal Grand Hotel di Rimini e passeggiare sulla spiaggia e lungo il molo del porto sotto il sole tiepido in una giornata di primavera accompagnati dal rumore delle onde, ha qualcosa di magico, nostalgico e rilassante.
Impossibile non guardare l’orizzonte senza chiedersi se veramente il mitico transatlantico Rex sia passato davanti al Grand Hotel come mostrato da Fellini in quella bellissima sequenza notturna di "Amarcord", quando pieno di luci emerge misteriosamente dal buio. Che importa se davanti alla spiaggia di Rimini non passò mai e venne ricostruito da Fellini nella piscina di Cinecittà, perché come scrisse Sergio Zazoli "nessuno aveva visto nulla di più visionario e insieme di più vero".
La passeggiata sul porto, o come si dice da queste parti, lungo la palata, è una delle mete predilette dai riminesi. Bellissima da fare come noi in una giornata di primavera e sicuramente suggestiva nei pomeriggi invernali quando, avvolta dalla nebbia, si trasforma un classico luogo felliniano: la palata è infatti l’emblema de "I Vitelloni" (1953) sebbene Fellini avesse interamente girato il film a Ostia e non a Rimini, perché come raccontò "a Ostia ho girato I Vitelloni perché è una Rimini inventata: è più Rimini della vera Rimini".
La palata la ritroviamo anche in numerose scene di "Amarcord": è lì che all’inizio del film vediamo l’avvocato cercare di afferrare le manine che volano leggere in primavera o il motociclista pazzo Scureza ad Corpolò sfrecciare con la sua moto ed è sempre da lì che partono le imbarcazioni che vanno in cerca del transatlantico Rex.
Nel camminamento su una scogliera in pietra d’Istria che dal molo si protrae per un centinaio di metri verso il mare sorge la "Biblioteca di pietra", realizzata in memoria delle vittime delle foibe dall’artista riminese Vittorio D’Augusta. Si tratta di trenta targhe in ottone poste sulle pietre della scogliera in cui è stato inciso il titolo e l’autore di altrettante opere letterarie significative di quelle terre. Vale veramente la pena passeggiare fino a questa terrazza della memoria protesa sul mare perché da qui si può godere di una visuale unica sulla costa.
Dal Grand Hotel di Rimini se invece di andare verso il porto vi incamminate in direzione opposta, scoprirete che le traverse che collegano il lungomare con Viale Vespucci e Viale Regina Elena portano i nomi dei film di Fellini. Ventisei strade nel cuore della Marina di Rimini a cui va aggiunta la via che attraversa il Parco Federico Fellini dedicata a Giulietta Masina.
La stazione e la casa di Titta
La stazione che divide idealmente in due Rimini - da un lato la Marina con le sue spiagge e dall’altro il centro storico con i suoi monumenti - aveva sempre affascinato Fellini che con gli amici andava a guardare i treni in arrivo e in partenza. La stazione che vediamo in "Amarcord" quando arriva il gerarca fascista per festeggiare il 21 aprile è stata ricostruita a Cinecittà e non è altro che l’ingresso degli Studios ripreso dal piazzale interno. La stazione ritorna anche in altri film come ne "I clowns" , nel finale de "I vitelloni" e in "Roma" dove fa da sfondo a Fellini bambino che guarda i treni in partenza per la capitale.
A due passi dalla stazione, in via Roma 41, si trova la casa di Luigi "Titta" Benzi, l’amico d’infanzia e di una vita di Fellini. Il primo incontro tra i due però non fu di quelli entusiasmanti: all'età di due anni, in spiaggia, il piccolo Federico gli rompe un badile in testa. "Voglio credere che prese male le misure", raccontò poi Titta a Sergio Zavoli in "Diario di un cronista". Proprio a questa casa si è ispirato Fellini per immaginare quella di Titta e della sua famiglia in "Amarcord" con scalini davanti alla porta d’ingresso e il cancello scricchiolante. Chissà se anche qui, quando nei mesi invernali arriva la nebbia, ci si può perdere come il nonno di Titta nella famosa scena di "Amarcord".
L’Arco di Augusto
L’Arco di Augusto, uno dei simboli della città, è stato costruito in pietra d'Istria nel 27 a.C. in onore di Cesare Ottaviano Augusto e sorge nel punto d'incontro tra la via Flaminia e la Via Emilia. Fa parte di quella Rimini Romana che troverete percorrendo il centro storico fino al famoso Ponte di Tiberio.
Da qui inizia Corso d’Augusto, ancora oggi come ai tempi del giovane Fellini, la via del passeggio cittadino, quel "passeggino" come lo chiamava lui "fatto di ammiccamenti, brevi risate (…) due correnti a senso inverso che si rincorrevano". È in questa via che attraversa tutto il centro storico che in "Amarcord" vediamo sfrecciare le mitiche auto della Mille Miglia.
Al civico 115 di Corso d’Augusto troviamo un palazzo signorile in cui Fellini visse con la famiglia - "la prima casa che ricordo veramente" - disse. Si perché questa è solo una delle case in cui abitò Fellini prima di trasferirsi a Roma nel 1939. In Via Clementini 9, ad esempio, c’è la casa dell’adolescenza del regista, quella dove si innamorò della bella "moretta" Bianchina Soriani. Le case in cui abitò sono tutte ancora esistenti tranne quella oltre la stazione in Via Dardanelli 10, in cui Fellini nacque, che purtroppo è stata sostituita da una palazzina anni cinquanta.
Piazza Tre Martiri
Proseguendo in Corso d’Augusto arriviamo in Piazza Tre Martiri, un tempo foro romano e piazza delle erbe e oggi luogo di ritrovo nel centro storico della città. Qui scopriamo un piccolo pezzo di quella Rimini immaginaria vista in "Amarcord". Lo scenografo Danilo Donati aveva infatti ideato e costruito la Rimini del film a Cinecittà, inglobando molti elementi riminesi e per il resto inventando liberamente. La forma ottagonale del Tempietto di Sant’Antonio, costruito nel 1518 e riedificato dopo il terremoto nel 1672 davanti alla chiesa dei Paolotti in ricordo del "miracolo della mula", compare nel film nella scena della benedizione degli animali. Ricordate, il giorno in cui Titta e i suoi amici si recavano davanti al duomo non per fini religiosi, ma per "ammirare" i posteriori delle signore in bicicletta!
In Piazza Tre Martiri un cippo cinquecentesco ricorda il discorso che Giulio Cesare avrebbe rivolto alle legioni dopo il passaggio del Rubicone e un statua bronzea, copia di un originale romano, che lo raffigura ricorda che una volta questa piazza portava il suo nome.
Una piccola curiosità: dove oggi trovate il Caffè Turismo una volta c’era il bar da Rossini, luogo dove Fellini andava a giocare a boccette con gli amici.
Piazza Cavour
Secondo foro della Rimini romana, Piazza Cavour nel Medioevo era il centro della vita cittadina. Qui tra negozi, caffè e palazzi storici ritroviamo molti degli elementi della Rimini di "Amarcord". Come la scalinata esterna di Palazzo dell'Arengo, che si erge imponente sulla piazza con la sua caratteristica merlatura in stile romanico-gotico, che nel film fa da sfondo alla sequenza delle celebrazioni fasciste.
La Fontana della Pigna, situata in piazza Cavour davanti alla statua di Paolo V, la cui bellezza e i cui giochi d’acqua avevano incantato Leonardo da Vinci che nel cinquecento era giunto a Rimini come ingegnere e consigliere militare di Cesare Borgia, è uno degli elementi scenici ricorrenti del film. La fontana, con la sua caratteristica pigna posta sulla sommità, compare ad esempio durante le dimostrazioni ginniche degli scolari nel corso delle celebrazioni fasciste. La ritroviamo anche, ghiacciata dal freddo, nella scena della nevicata, o sarebbe meglio dire del "nevone", quando i ragazzi si divertono a prendere a palle di neve Gradisca e sopra ci si posa improvvisamente il pavone del conte.
Sul lato sinistro di piazza Cavour sorge la Vecchia Pescheria, che con i suoi archi e i suoi lunghi banchi in pietra d’Istria è uno dei luoghi più pittoreschi della città. Da spazio dove un tempo le donne vendevano le vongole, o meglio le "poveracce" come le chiamano i riminesi, una volta restaurata è diventata il principale luogo di ritrovo per i giovani circondata da vicoletti e piazzette in cui trovate locali, cantinette e ristoranti che propongono la tipica cucina romagnola.
Il Teatro Galli, il teatro comunale della città inaugurato nel 1857 da Giuseppe Verdi, è un altro dei monumenti d’interesse che affacciano su piazza Cavour. Al suo interno, nella vecchia sala delle Colonne, il 4 novembre del 1993 venne allestita la camera ardente per dare l’ultimo saluto a Fellini.
Il Cinema Fulgor
Superata Piazza Cavour, proseguendo in Corso d’Augusto, troviamo uno dei luoghi più felliniani di tutta Rimini: il mitico Cinema Fulgor. Il solo vedere la sua inconfondibile insegna in stile Liberty ci emoziona! È "il luogo dove da piccolo scoprii i film" disse Fellini, è il cinema dove, seduto sulle ginocchia del padre come racconterà in "Roma", vide il suo primo film, "Maciste all’inferno". Fellini si innamora subito del cinema e durante gli anni delle elementari il Fulgor diventa la sua seconda casa. Qui si diverte con gli amici e qui, come il giovane Titta con Gradisca in una delle scene più celebri di "Amarcord", tenta un approccio con le ragazze.
Quando il suo lavoro di caricaturista intrapreso con la ditta Febo iniziò ad andare bene, Fellini propose al gestore del Fulgor caricature degli attori dei film in programmazione da usare come locandine pubblicitarie in cambio di ingressi gratis al cinema. Fellini ricordava che "…sotto lo schermo c’erano le pancacce. Poi uno steccato, come nelle stalle, divideva i “popolari” dai “distinti”. Noi pagavamo 11 soldi; dietro si pagava 1 lira e 10. Nel buio noi tentavamo di entrare nei “distinti” perché là c’erano le belle donne, si diceva. Ma venivamo agguantati dalla maschera, che stava nell’ombra e spiava da una tenda: sempre tradita, tuttavia, dalle tracce della sua sigaretta, che si vedeva nel buio. Dopo le caricature, io avevo ottenuto l’ingresso gratuito per me, Titta e mio fratello".
Un consiglio: non andate via da Rimini senza aver visto il Fulgor! Nato nel 1914 e dagli anni Venti collocato nell’attuale palazzo Valloni, nel 2018, dopo 5 anni di lavori, il Fulgor è stato riconsegnato a Rimini e ai riminesi completamente restaurato. Il cinema di Fellini rinasce così in uno stile "hollywoodiano–romagnolo", come lo ha definito Dante Ferretti, il famoso scenografo premio Oscar che ne ha curato gli interni.
Avventuratevi dentro e scoprirete un ingresso dai colori caldi, con volute di legno incurvato, listoni di ottone lungo le pareti e una sinuosa e bellissima scala che ricordando le curve della Gradisca e che porta in galleria. Il Fulgor con le sue due sale (Sala Federico e Sala Giulietta) è stato ridisegnato da Dante Ferretti in stile anni Trenta e Quaranta, con l’intenzione di ricreare le atmosfere dei vecchi cinema americani.
La Sala Federico dove siamo entrati, pur mantenendo i volumi della sala storica è lontana dal design minimale di quel "cinemino" fatto di panche di legno raccontato da Fellini nei suoi film. Gli stucchi, gli arabeschi, la combinazione di rosso e oro che appena entrati ci hanno subito affascinato ci fanno capire che qui si è voluto rendere omaggio al mito. È un tributo al cinema e a Fellini stesso. La Sala Federico è veramente meravigliosa e per i nostri occhi che non sono abituati a vedere sale di questo genere in Italia è come ipnotica: difficile volerne uscire!
Castel Sismondo
Proprio alle spalle di piazza Cavour troviamo un altro luogo importante per Fellini: Castel Sismondo, una fortezza del XV secolo che si staglia maestosa in piazza Malatesta e che prende il nome da Sigismondo Pandolfo Malatesta, signore di Rimini in quegli anni. Con le sue grosse torri quadrate e le poderose muraglie a scarpa Castel Sismondo, anche senza il profondo fossato che un tempo lo circondava, è ricco di grande fascino.
Fellini lo definiva come "la Rocca, la prigione di Francesca, allora, piena di ladruncoli e di ubriachi" ed era nel piazzale del castello che da piccolo andava a veder il circo. Ed è così che, come molti altri suoi ricordi giovanili, anche Castel Sismondo è finito nei suoi film. Lo troviamo infatti nella sequenza iniziale de "I clowns" quando Fellini ci mostra il grande tendone del circo che viene montato davanti ad una fortezza che somiglia molto al castello riminese.
Fellini amava raccontare che a 7 anni ci fu la sua prima "fuga da casa" verso il tendone del circo. Aneddoto sempre smentito dalla madre, ma sembra che da adulto gli piacesse essere ricordato come un bambino terribile e capace di marachelle, quando in realtà era buonissimo.
Il Tempio Malatestiano
In una strada laterale di Corso d’Augusto sorge il Tempio Malatestiano, la cattedrale di Rimini, che deve la sua luminosa facciata bianca incompiuta al genio di Leon Battista Alberti e il nome a Sigismondo Pandolfo Malatesta, signore di Rimini dal 1432 al 1468. A detta di Luigi "Titta" Benzi Fellini e gli amici erano soliti frequentare questo luogo "soprattutto perché c’erano le ragazze". Come accadeva anche in "Amarcord"nella scena della benedizione degli animali, quando Titta e i suoi amici si ritrovano davanti alla chiesa del borgo solo per avere l’occasione di guardare il posteriore delle signori presenti!
Quasi davanti al Tempio Malatestiano si trovava la bottega "Febo" aperta da Fellini insieme al pittore riminese Demos Bonini in cui i due lavoravano realizzando caricature. La bottega prendeva il nome dalle iniziali dei loro cognomi e Fellini ha raccontato che lì "si facevano ritratti e caricature alle signore anche a domicilio. Io firmavo Fellas, chissà perché, facevo il disegno: Bonini che era un vero pittore ci metteva i colori".
Palazzo Gambalunga
Da piazza Cavour, imboccando via Gambalunga, al civico 27 trovate Palazzo Gambalunga dove era ospitato il vecchio ginnasio frequentato da Fellini e che ci fa subito pensare alle divertenti goliardate messe in atto in classe dai ragazzi di "Amarcord": ricordate? Tra chi faceva la pipì in un tubo di carta per farla arrivare ai piedi del compagno alla lavagna e chi ripeteva greco a suon di pernacchie.
In questo palazzo del Seicento ha sede la Biblioteca Civica Gambalunga fondata nel 1619, che proprio quest’anno compie 400 anni. Inserita nel 2018 fra le più belle biblioteche nel mondo è collocata al primo piano dell’edificio, mentre al piano terra troviamo la sede della Cineteca e della Biblioteca dei Ragazzi.
Al piano terra del palazzo si trova anche la Galleria dell’Immagine, una delle sedi espositive del Settore Cultura del Comune di Rimini, dove abbiamo visitato la bellissima mostra fotografica "8½ di Federico Fellini nelle fotografie inedite di Paul Ronald" che fa parte di un ricco calendario di eventi ("Verso il 2020: 100 anni di Fellini") che culmineranno il prossimo anno con la celebrazione del centenario della nascita di Federico Fellini.
Il monumento ai caduti
Una volta in via Gambalunga non si può poi non passare davanti (o forse sarebbe meglio dire dietro!) al monumento ai caduti in piazza Ferrari: "questo è il monumento della Vittoria, andavamo a vederlo tutti i giorni…e io me lo sognavo anche la notte!" racconta la voce fuori campo di Titta in "Amarcord". Questa scultura in bronzo dedicata ai caduti della Prima Guerra Mondiale inaugurata nei primi anni Venti da Re Vittorio Emanuele III, nel film non viene riprodotta fedelmente, ma viene messo bene in mostra quel particolare anatomico che tanto turbava i protagonisti della pellicola di Fellini.
Il Ponte di Tiberio
Dal Cinema Fulgor, proseguendo in Corso d’Augusto, si arriva al bellissimo Ponte di Tiberio, per i riminesi noto come "E pont de Dievli", il ponte del Diavolo, per la sua indistruttibilità. Questa imponente opera architettonica romana, costruita in pietra d’Istria tra il 14 e il 21 d.C. dall'Imperatore Augusto e dal suo successore Tiberio, segna il punto di partenza della via Emilia e della via Popilia.
Prima di attraversalo vi consigliamo di scendere nella cosiddetta "piazza sull’acqua" che si affaccia sull’invaso del ponte. Si tratta di un percorso in legno con alle spalle il Parco Marecchia (detto anche Parco XXV Aprile) che costeggia i bordi del bacino e che permette di godere di una visione frontale del Ponte di Tiberio: le sue cinque arcate in stile dorico riflesse nell’acqua, specie al tramonto come abbiamo avuto la fortuna di vederlo noi, vi regaleranno uno spettacolo incredibilmente suggestivo!
Una volta scesi nel bacino del ponte non potrete non notare il grande murales di Ericailcane: un gallo e un pavone che si affrontano, artigli sfodereati, becco a becco. Due soggetti che sono parte della storia della città, il gallo è infatti da sempre il simbolo della Romagna, mentre il pavone è quello felliniano di "Amarcord" che nel film vediamo posarsi sulla Fontana della Pigna durante la grande nevicata.
Borgo San Giuliano
A ridosso del millenario Ponte di Tiberio scopriamo uno dei luoghi più affascinanti di Rimini e uno dei punti più felliniani della città: Borgo San Giuliano. Attraversate il ponte e scoprite la bellezza di questo quartiere storico un tempo abitato da pescatori, marinai e piccoli artigiani e composto da stradine, piazzette e vicoli in cui si respira un’atmosfera d’altri tempi.
Un’atmosfera che Fellini ha riportato ne "I Clowns" e in "Amarcord", anche se rispetto agli anni dell’infanzia del Maestro le cose qui sono un po’ cambiate: le case de "e’ bórg", come è conosciuto a Rimini il quartiere di San Giuliano, non hanno più vecchi muri scalcinati e l’aspetto povero di un tempo, ma sono state tinteggiate con meravigliosi colori dalle tonalità pastello.
Andare alla scoperta del borgo e dei suoi incantevoli colori, passeggiando lentamente nelle sue strette stradine è la cosa migliore da fare per scoprire cosa nascondono i muri di queste basse casette colorate. Borgo San Giuliano è famoso infatti per i suoi bellissimi murales ispirati ai film di Fellini e ai suoi personaggi: pellicole come "La dolce vita", "La strada" e "8½" e personaggi indimenticabili come quelli di Marcello Mastroianni, Giulietta Masina, Roberto Benigni e la Tabachéra.
I primi murales vennero realizzati sulle case più vecchie e purtroppo alcuni di questi sono andati perduti o sono stati ricoperti dalle successive ristrutturazioni, ma quelli che resistono ancora contribuiscono a rendere il borgo un luogo magico.
Il Borgo vi affascinerà con i suoi particolari unici, tutto è curato, dai graziosi portoncini delle abitazioni alle finestre colme di fiori. Attraversandolo scoprirete che all’ingresso delle case sono appese delle piastrelle in ceramica dedicate ai vecchie mestieri degli abitanti del Borgo. La maggior parte di queste sono maioliche raffiguranti una barca a vela che omaggiano i marinai e i pescatori, ma ne trovate anche altre che riproducono una valigia, in ricordo di chi è dovuto emigrare all’estero e alcune dedicate ai fiaccheristi, gli storici personaggi di San Giuliano che conducevano carrozze con cavalli.
Nel crocevia di viuzze e piazzette che compongono il Borgo trovate ristoranti, cantine e vecchie osterie dove fermarsi per gustare specialità romagnole. Da non perdere, uno degli appuntamenti più importanti del luogo, la Festa de’ Borg, che si svolge ogni due anni nel primo fine settimana di settembre quando strade e piazzette si animano con spettacoli di teatro, artisti di strada e concerti. Un giorno in cui far festa come per la Focarina di San Giuseppe citata nella sequenza di apertura di "Amarcord".
Federico Fellini e Giulietta Masina riposano nel cimitero di Rimini sotto la "grande prua", la scultura in bronzo realizzata da Arnaldo Pomodoro in omaggio al grande regista riminese e alla moglie.
Nelle vicinanze di Rimini ci sono anche altri luoghi legati a Fellini come "il campo dei nomi" creato da Tonino Guerra nel borgo medievale di Petrella Guidi in ricordo di Federico e Giulietta o la casa dei nonni paterni a Gambettola, un casolare di campagna che Fellini mise in scena in "8½". Luoghi che vanno aggiunti a questo itinerario felliniano in Romagna che purtroppo non abbiamo ancora visitato, ma che speriamo di vedere presto.
Il nostro percorso alla ricerca dei luoghi legati al cinema che sorgono lungo la via Emilia nei prossimi mesi ci porterà a visitare anche altre città emiliano romagnole. Se siete curiosi di scoprire quali, continuate a seguire i nostri viaggi cinematografiche qui sul blog!
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