Il Palazzo delle Esposizioni di Roma ospita fino al 6 gennaio la mostra "La meccanica dei mostri. Da Carlo Rambaldi a Makinarium" che svela ai visitatori il segreto delle leggendarie creature prodotte da Carlo Rambaldi, il mago degli effetti speciali.
L’esposizione, a cura di Claudio Libero Pisano, è promossa da Roma Capitale – Assessorato alla Crescita Culturale e organizzata dall’Azienda Speciale Palaexpo in collaborazione con la Fondazione Culturale Carlo Rambaldi.
Avremmo voluto parlarvi prima di questa mostra, ma purtroppo siamo riusciti a visitarla solo a pochi giorni dalla sua chiusura. La meccanica dei mostri non è una mostra qualunque, è un tuffo tra i personaggi della nostra infanzia e per questo arriva dritta al cuore. Così, anche se sta per finire, non potevamo non condividere con voi le immagini e le emozioni che ci ha dato e attenzione, avete ancora due giorni per visitarla: correte a Roma!
Carlo Rambaldi è stato il genio degli effetti speciali, quello che ha rivoluzionato il settore degli animatronici creando creature diventate iconiche a cui riusciva a dare un’anima e che emozionavano. Definito un po’ Geppetto, un po’ George Méliès, il maestro ferrarese ha fatto si che le maestranze del cinema diventassero protagoniste e questo grazie alla sua straordinaria capacità ingegneristica di progettare mostri e creature. Personaggi indimenticabili come E.T., King Kong e Alien con cui Rambaldi vinse l’Oscar per i migliori effetti speciali. Un’artista eccezionale che ha lavorato con i più grandi registi del cinema come Fellini, Pasolini, Ferreri, Argento e Spielberg.
Il percorso espositivo racconta la storia del cinema italiano ed internazionale dagli anni ‘60 ad oggi attraverso le opere di Rambaldi e permette di scoprire la struttura interna delle creature del maestro ferrarese che già nel 1956 aveva brevettato un prototipo di meccatronica che permetteva quel movimento che era creatore di emozioni. In mostra il famoso burattino di Pinocchio, le diverse versioni di E.T., la gigantesca mano di King Kong e oltre cento opere e materiali originali, alcuni dei quali inediti, provenienti dalla collezione della famiglia Rambaldi.
Il percorso espositivo inizia con le foto di famiglia dei primi anni ‘30 in cui vediamo un giovanissimo Rambaldi e un suo quadro dipinto negli anni ‘40 che, come sottolinea la didascalia, "sembra presagire il futuro del giovane ferrarese nel mondo del cinema". Il quadro raffigura la sua casa natale con una bicicletta appoggiata accanto alla porta affacciata di fronte al retro di un cinema dove vediamo seduto un bambino.
Rambaldi era nato a Vigarano Mainarda, un paesino a pochi chilometri da Ferrara, il 15 settembre del 1925. Nell’officina di biciclette del padre si sviluppa la sua curiosità nel voler capire il meccanismo delle cose e già da piccolissimo si dimostra abile nel disegno e nel plasmare pupazzi con la creta, tanto da mettere in piedi tutto da solo uno spettacolo con marionette create da lui. Da giovane, dopo una breve parentesi come geometra, si laurea all’Accademia delle Belle Arti di Bologna e segue la sua indole creativa e la sua passione per personaggi animati con i primi esperimenti con i pupazzi che lo porteranno poi a Roma a Cinecittà dove, nel 1957 grazie al drago Fàfnir per il film "Sigfrido" di Giacomo Gentilomo, inizia la sua carriera artistica.
Nella prima sala della mostra foto, disegni, modellini e pupazzi raccontano la formazione e l'attività di Rambaldi nel cinema degli anni Sessanta e Settanta in Italia.
Qui trovate esposto il documento ufficiale del suo primo brevetto ottenuto nel 1956 per la realizzazione di pupazzi meccanici insieme a modellini di animazione e disegni della fine degli ‘40 e addirittura un’agenda con il numero di telefono di Steven Spielberg… che dite proviamo a chiamarlo?
Le foto di scena in mostra sono incredibili e ci catapultano direttamente dentro quei set fatti di esseri mitologici e mostri tentacolari che lasciavano gli spettatori a bocca aperta come la titanica Medusa di tre metri d’altezza di "Perseo l’invincibile" di Alberto De Martino del 1963 o il mostro marino lungo dodici metri che si alzava fino ad un’altezza di sei realizzato per "Ercole e la principessa di Troia" del 1965. A proposito di quest’ultimo film, come si può vedere anche dalle foto, la sequenza con il mostro marino era stata girata in spiaggia, esattamente a Palinuro, dove una mareggiata notturna aveva danneggiato il mostro spezzandolo in tronconi, ma Rambaldi riuscì miracolosamente a rimetterlo a posto in tempo per le riprese.
Documenti audiovisivi arricchiscono il percorso espositivo con video e interviste veramente interessanti come quella che vede protagonisti insieme Carlo Rambaldi e Mario Bava proveniente da Rai Teche.
In mostra al Palazzo delle Esposizioni non potevano mancare la mummia e la testa di pupazzo meccanico raffigurante un bambino con un ghigno malefico realizzati per il film "Profondo rosso" (1975) di Dario Argento. Quel corpo mummificato abilmente realizzato da Rambaldi oltre a spaventare il pubblico in sala è stato protagonista anche di un simpatico aneddoto: terminate le riprese del film Rambaldi e la moglie Bruna rientrando a casa lasciaro la mummia sul sedile posteriore della macchia che, come ogni sera, lasciavano nelle mani del garagista dimenticando però di avvisarlo della "simpatica" creaturina sul sedile posteriore. Facile indovinare lo spavento preso dal garagista l’indomani mattina!
La vera star della prima sala della mostra però è Pinocchio, il burattino creato da Rambaldi per lo sceneggiato televisivo diretto da Luigi Comencini nel 1971. Non pensavamo che un burattino di legno ci emozionasse tanto, invece lo ha fatto! Incredibilmente espressivo, curato in ogni dettaglio (ma quanto è adorabile l’uovo con il pulcino che tiene in mano?!) e conservato benissimo, tanto da sembrare nuovo, il Pinocchio di Carlo Rambaldi ci entra nel cuore e ci riporta dritti dritti alla nostra infanzia.
E la sapete una cosa? Non è il burattino che tutti noi abbiamo visto da piccoli a fianco a Nino Manfredi! Forse non tutti sanno che l’opera del maestro ferrarese è stata purtroppo al centro di una lunga vicenda giudiziaria. Commissionato dalla Rai, il Pinocchio di Rambaldi era ispirato ai disegni di Enrico Mazzanti, Carlo Chiostri e Fiorenzo Fiaorzi, i primi illustratori del famoso libro di Collodi. Grazie alla meccanizzazione del suo creatore questo burattino era in grado di fare di tutto, anche di lanciare un martello. La produzione dello sceneggiato blocca però il progetto temendo costi troppo elevati, accantona i prototipi di Rambaldi e decide di utilizzare direttamente un bambino fin dall’inizio. Scelta che si rivelò fortunata vista la bravura del piccolo Andrea Balestri, ma che in realtà fu obbligata dal mal funzionamento del burattino usato, copia scadente di quello di Rambaldi.
Una piccola sezione illustra anche alcuni studi che Rambaldi fece per il "Pinocchio" di Roberto Benigni, nel quale era previsto inizialmente un burattino animato e che lo aveva contattato per gli effetti speciali. L’artista ferrarese realizzò alcuni burattini con il volto di Benigni, ma purtroppo il progetto non andò in porto.
Lasciamo il cinema italiano degli anni ‘60 e ‘70 della prima sala espositiva per passare alla sala della mostra che documenta il periodo Hollywoodiano di Rambaldi, dove ovviamente ampio spazio è dedicato a "E.T. l’extraterrestre" (1982), il capolavoro indiscusso di Steven Spielberg.
Per Rambaldi E.T. rappresenta la sua opera più grande, quella che racchiude tutto il suo genio e la sua anima. Per noi è un ritorno all’infanzia, alla purezza, quando con occhi di bambino guardavamo quell’alieno dallo sguardo dolce e dall’aspetto buffo che ci faceva sognare e commuovere pensando che fosse vero e che magari un giorno sarebbe venuto anche da noi.
Rambaldi aveva confezionato per il film quattro modelli di E.T. in lattice schiumato di cui il più sofisticato aveva ottantacinque punti di movimento ed era completamente elettronico, mentre uno era meccatronico con sessanta punti di movimento. La testa meccanizzata di E.T. era animata invece da un team di otto uomini incluso Rambaldi. La meccatronica con cui è stato costruito l’extraterrestre è un vero capolavoro ingegneristico e in mostra è possibile ammirare una sorprendente versione meccatronica di E.T. con quel famoso dito alzato ad indicare la sua casa. Sarebbe stato bello vederla in movimento, perché come aveva capito Rambaldi fin dai suoi primi lavori, è il movimento che crea emozione.
Quando Spielberg va da Rambaldi per chiedergli di creare il protagonista del suo film non ha una chiara idea in mente, sa solo che vuole una sorta di "vecchio-bambino" che non doveva essere carino, ma innocente e vulnerabile. Rambaldi riesce a dar vita all’alieno immaginato da Spielberg ispirandosi incredibilmente alla sua gatta Chicca, un incrocio tra un persiano e un siamese con il muso schiacciato e due grandi occhi blu che esprimevano tutta l’innocenza e il mistero tipico dei gatti.
In mostra troverete esposti i disegni degli studi preliminari fatti da Rambaldi per il volto di E.T. realizzati rielaborando il muso della sua gatta. Incredibili vero? Ovviamente elimina le orecchie e da al piccolo alieno dei tratti caratteristici non riconducibili ad un personaggio terrestre come il viso allungato in avanti, le braccia lunghe e il sedere appuntito. Mentre la difficoltà a camminare lo rende particolarmente vulnerabile.
Assolutamente meravigliosi i disegni in mostra realizzati per le espressioni principali di E.T., quelle espressioni che hanno fatto emozionare milioni di bambini e non solo.
Nella sala è presenta inoltre una delle versioni di E.T., quella dell'extra-terreste ammalato nella parte finale del film. Vederlo così, con il busto aperto per far vedere i polmoni luminosi e la parte inferiore del corpo sostituita da cavi e fili lo confessiamo è un pò macabro, ma comunque ci svela il funzionamento della creatura di Rambaldi e sembra impressionare più noi che non i tanti bambini incuriositi presenti nella mostra.
Un piccolo spazio è dedicato anche all’alieno filiforme dagli occhi azzurri come il cielo di "Incontri ravvicinati del terzo tipo" (1977) di Steven Spielberg e alla creatura mostruosa realizzata per "Alien" (1979) di Ridley Scott.
Passiamo da Alien all’iconica mano di King Kong che con i suoi oltre sei metri di lunghezza è la gigantesca protagonista dell’ultima sala della mostra. Si tratta del braccio originale del film "King Kong" del 1976 diretto da John Guillermin, remake dell’omonima pellicola del 1933 che Carlo Rambaldi vide al cinema di Vigarano all’età di dieci anni, quando entrò per la prima volta in una sala cinematografica rimanendo incantato ed uscendone, dopo la visione del film, con la voglia di dedicarsi all’animazione di personaggi.
Per dare vita alla mano meccanica le dita e il polso venivano azionati separatamente da 8 persone diverse. Non c’era quindi una sola persona a muovere King Kong, ma una squadra di operatori specializzati che seguivano le indicazioni di Rambaldi. La mano era stata costruita per le riprese ravvicinante con l’allora esordiente Jessica Lange e la cosa divertente di questa mostra è che potete far finta di essere la protagonista del film e "giocare" a farvi una foto tra le dita di King Kong!
Fu grazie a Dino De Laurentis, produttore di "King Kong", che Rambaldi arrivò ad Hollywood per la prima volta: era il settembre del 1975 e in soli sei mesi realizzò l’animatrone alto dodici metri che nel 1977 gli fece vincere il suo primo premio Oscar per gli effetti speciali.
In mostra troverete disegni, foto originali, gessi e lattici che hanno portato all'elaborazione finale di King Kong. Rambaldi partiva infatti sempre da un bozzetto per realizzare le sue creature tridimensionali e per trovare il giusto look da dare al gorilla del film ci fu dietro un lungo studio. De Laurentis voleva che King Kong fosse mostruoso, ma che avesse allo stesso tempo una mimica facciale in grado di esprimere sentimenti ed emozioni in modo da commuovere il pubblico. Le espressioni di King Kong sono state prese quindi da un gorilla vero e come spiegato dallo stesso Rambaldi "dovevamo trovare un gorilla che fosse già attore" per dare il giusto carattere al viso. Sarà Bum, un bellissimo esemplare di gorilla di montagna dello zoo di San Diego a fare da modello per la creazione del mostro di Rambaldi.
Nel 1983 Rambaldi collabora con David Lynch per il film "Dune" (1984) per il quale realizza un essere mostruoso denominato il "Navigatore" e delle creature chiamate "vermi delle sabbie" costruendone otto in tre scale diverse di cui ne vediamo alcuni in mostra con meccanica a vista.
Lynch di Rambaldi dirà: "mi ricorda un artigiano rinascimentale, un inventore di arte e tecnologia che si evolvono in continuazione e si compenetrano. Un piacere immenso lavorare con lui. Un’ispirazione".
In esposizione anche i baby dinosauri realizzati per quello che sarà il suo ultimo film. "Rex" (1993) girato interamente sull’isola di Hokkaido è un blockbuster giapponese nato sulla scia del successo di "Jurassic Park" per il quale Rambaldi costruisce degli adorabili baby Rex meccatronici, perché a differenza del film di Spielberg questa è una sorta di fiaba senza mostri feroci.
La mostra documenta anche il lavoro delle generazioni successive a Rambaldi, come il gruppo Makinarium, una factory di creativi, tecnici e artigiani che nel campo degli effetti speciali hanno recuperato l’eredità dell’artista ferrarese associando la meccatronica con le potenzialità del digitale. Il gruppo, tra i più importanti in questo settore, per l’occasione ha restaurato le opere di Rambaldi in mostra e una sezione documenta il loro lavoro nel cinema oggi. Potrete così ammirare da vicino diverse creature tratte dal film "Il racconto dei racconti" (2015) di Matteo Garrone, vincitore del David di Donatello nel 2016, ma attenzione perché il famoso cuore di drago mangiato nel film dalla regina Salma Hayek visto dal vivo fa veramente un certo effetto!
In mostra anche lavori della loro produzione più recente come la pecora realizzata per il film "Loro" (2018) di Paolo Sorrentino.
Sul ballatoio del Palazzo delle Esposizioni accanto ai lavori di Makinarium sono presenti alcuni lavori di Rambaldi. Un’intera sala è occupata dai 18 guerrieri del film "Barbarella" (1968) di Roger Vadim con una giovanissima Jane Fonda nel ruolo della protagonista. I costumi disegnati da Rambaldi sono stati realizzati tutti in cuoio con una manualità oggi impensabile da Bruno Pieroni e dalla Sartoria Farani, a testimonianza della cura e della qualità dell’artigianato italiano.
CONSIGLI DI LETTURA
Alla mostra abbiamo acquistato il bellissimo libro "Carlo Rambaldi. Una vita straordinaria" scritto da Victor Rambaldi, regista, sceneggiatore, scrittore e figlio del grande artista ferrarese. Molte delle curiosità che avete letto in questo articolo sono tratte proprio dalle pagine di questo libro che, se non l’avete ancora fatto, vi suggeriamo di leggere per scoprire la vita veramente straordinaria di uno dei più importanti artisti del cinema italiano ed internazionale.
Lo trovate qui: "Carlo Rambaldi. Una vita straordinaria"
Dal 22 ottobre 2019 al 6 gennaio 2020
LUOGO: Palazzo delle Esposizioni, Via Nazionale 194, Roma
ORARI: Domenica, martedì, mercoledì e giovedì dalle 10.00 alle 20.00
Venerdì e sabato dalle 10.00 alle 22.30
SITO UFFICIALE: www.palazzoesposizioni.it
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