di Fulvio Toffoli
Dopo la grande paura, le vittime, le distruzioni, soprattutto dei villaggi di montagna, il Marocco e Marrakech hanno saputo reagire con una rinnovata forza, solidarietà e voglia di ripartire. Tornandoci a pochi mesi dal terremoto abbiamo potuto constatare di persona che la 'città rossa' ha conservato intatto il suo fascino e che, anzi, dalla disgrazia ha saputo trarre nuovi stimoli per restaurare e mettere in sicurezza il suo patrimonio artistico e architettonico.
Marrakech è quanto mai viva, con un numero di visitatori di tutto il mondo in continua crescita, con mete turistiche differenziate e in grado di soddisfare le esigenze più diverse. Oltre alle mete tradizionali delle città imperiali, del deserto, dell'escursionismo in montagna e del turismo balneare, il Marocco si sta distinguendo sempre più nella produzione di festival ed eventi culturali. Noi ci siamo andati in occasione della 19.ma edizione del Festival des Nomades, dedicato al sufismo, la corrente mistica dell'Islam, che si è tenuto dal 14 al 16 marzo nella cittadina di M'Hamid El Ghizlane, ai margini del deserto.
Partendo da Marrakech sono 500 chilometri, una giornata di viaggio. Abbiamo affittato una macchina con autista perché, al ritorno, volevamo fare un giro più ampio, passando per l'interno e raggiungendo Essaouira prima del ritorno a Marrakech. Siamo partiti quindi alle 8.30 da piazza Riad Laroos, la postazione più vicina al nostro riad, Le Coq Berbere Fou, poiché nella medina i taxi non possono entrare. Ad attenderci la 4X4 Toyota con il nostro autista Tawfik, che nei giorni successivi si rivelerà preciso, puntuale e attento. Dopo un centinaio di chilometri la strada si inerpica sui tornanti del passo Tizi-n-Tichka alla bella altitudine di 2.100 metri, superato il quale prendiamo la deviazione per Telouet.
Qui purtroppo non possiamo visitare la kasbah, una delle più affascinanti del Marocco, perché chiusa per restauro; la visita invece è possibile per Ait-Ben-Haddou, certamente più celebre, una delle immagini iconiche del Paese maghrebino. E' anche uno dei set più richiesti dalle grandi produzioni cinematografiche americane: qui infatti sono stati girati moltissimi film di successo, da Lawrence d'Arabia al Gladiatore e la lista completa si può trovare esposta in alcuni dei tanti negozietti di souvenir che hanno preso il posto delle antiche abitazioni. La Kasbah è oggi soprattutto un'attrazione turistica e gli abitanti di Ait-Ben-Haddou si sono trasferiti nella parte di città situata fuori dalla medina.
Dopo una ventina di chilometri arriviamo a Ouarzazate, sede di numerosi studi di produzione cinematografiche, che hanno fatto guadagnare alla città il titolo di Hollywood marocchina. La bellezza del paesaggio, la possibilità di disporre di lunghe ore di luce, il basso costo della manodopera, l'alta qualità e disponibilità degli artigiani, dei pittori di scena, degli scenografi, hanno contribuito allo sviluppo dell'industria cinematografica che ha assunto negli anni un ruolo rilevante anche nell'economia complessiva del Paese.
La nostra prima tappa è Zagora dove alloggiamo al Riad le Petit Jardin in mezzo all'oasi, a tre chilometri dal centro città. L'indomani, dopo una breve visita al quartiere ebraico di Zagora, riprendiamo la strada verso M'Hamid. Sul percorso, da segnalare la cittadina di Tamegroute, celebre per i forni che producono la ceramica verde e per la biblioteca della madrasa che racchiude esemplari miniati del Corano alcuni risalenti all'XI secolo.
Ancora un'ottantina di chilometri e arriviamo a destinazione. M'Hamid sembra un paese da film western: una strada con intorno le case, l'ufficio postale, la banca, la moschea (questa poco da film western) e gli alberghi. Uno di questi, quasi di fronte allo spiazzo con il palco allestito per i concerti del festival, è anche il nostro, l'Hotel Kasbah Sahara. Una sistemazione perfetta, non solo per la piacevolezza della struttura che ha un grande giardino e una piscina e ampie stanze, ma anche e soprattutto perché l'albergo è il centro di accoglienza del festival e anche il luogo in cui soggiorna la maggior parte degli artisti. Nei due giorni scarsi del nostro soggiorno questo ci consentirà di fare interessanti conoscenze fra gli ospiti del festival e qualcuno degli stessi artisti.
L'inaugurazione prevede una serata ad inviti con l'esibizione di artisti di varie parti del mondo (c'è anche una sciamana siberiana), trasporto a cura dell'organizzazione e cena nel campo tendato in mezzo al deserto. Alle 5 del pomeriggio si parte e sebbene i chilometri da percorrere siano solo una decina, sono sufficienti a dare l'idea di quello che rappresenta un percorso in mezzo alle dune, fra sobbalzi, brusche accelerazioni e salti da montagne russe. Naturalmente vivere lo spettacolo nel deserto, del tramonto prima e della notte stellata poi, è sempre un'emozione molto intensa: se poi questa emozione la vivi con le musiche di uno dei più talentuosi vocalist arabo andalusi come Mohssen Zeggaf, e con quelle dell'ensemble Dervish Spirit ispirate al mondo balcanico e ottomano, e con il danzatore Memo Sapour, maestro della tamoura, la danza tradizionale egiziana che si tramanda di padre in figlio e che attraverso le vorticose rotazioni porta alle altezze celesti, ecco che l'esperienza vissuta diventa qualcosa che veramente dà un senso unico e indimenticabile all'intero viaggio.
Il giorno successivo ci porta nuovi incontri e a una piacevole pausa prima di ripartire per nuove destinazioni che sono il paese di Taznacht uno dei maggiori centri di produzione dei più bei tappeti berberi e Taliouine, la capitale dello zafferano, il re delle spezie, che qui si può acquistare a prezzi estremamente vantaggiosi. In serata arriviamo a Taroudant, la piccola Marrakech, chiamata così per la cinta muraria di sette chilometri che la racchiudono, e che ospita uno dei souk più affascinanti del Marocco. Rispetto a Marrakech l'atmosfera qui è più raccolta e la concitazione della grande città è stemperata in un ambiente più rilassato e piacevole ma non per questo meno affascinante. Anche il soggiorno al Riad Niama con la cena nel giardino è all'altezza delle migliori aspettative.
La mattina seguente non si può mancare la visita al Palais Claudio Bravo che fu la casa dell'omonimo grande pittore cileno e che ora è diventato un museo con le collezioni, lo studio e il mausoleo dell'artista. E' quasi una reggia con un incredibile enorme parco, una celebrazione della bellezza e della natura di un Paese che Claudio Bravo amò e che volle celebrare creando dal nulla una vera e propria meraviglia.
Si riparte con la voglia di ritornarci e di avere la possibilità di trascorrere qualche giornata nell'incanto di questo paradiso, perché il Marocco è questo, la continua sorpresa di nuovi incanti e il desiderio di varcare altre porte di conoscenza e di coscienza.
Superata Agadir eccoci sull'Atlantico che costeggiamo in una stupenda strada costiera su sterminate spiagge fino a Essaouira, l'antica Mogador, una delle mete più conosciute dei surfisti di tutto il mondo. E' la città del vento, degli artisti, il luogo che fece innamorare Orson Welles (Essaouira è stata il set di molte produzioni cinematografiche e televisive, da Otello alle Crociate a Games of Thrones), i Rolling Stones, Jimi Hendrix, Leonard Cohen, solo per citarne alcuni.
E' anche la città dei gatti che scorazzano indisturbati tra i tavoli di caffè e ristoranti, dormono tranquillamente sulla soglia o dentro case e botteghe, su tappeti, coperte sui mobili di tuia, il legno tipico del posto: un'Essaouira senza gatti è semplicemente inconcepibile e la loro presenza è vista con benevolenza dagli abitanti e dai turisti che spesso provvedono anche al nutrimento dei felini con sardine, frattaglie e avanzi di cibo. E' significativo che a memoria d'uomo a Essaouira non si sia mai visto un topo mentre la coesistenza tra gatti e gabbiani, gli altri padroni della città, sembra essere assicurata da un trattato di pace rispettato rigorosamente da entrambe le parti.
Essaouira in questi ultimi anni ha avuto un completo restyling: la passeggiata lungomare è stata allargata e abbellita, il centro, comprese le piazze d'accesso alla medina, completamente pedonalizzato, bonificate anche se non ancora completamente le zone più degradate del centro storico. Restaurata e visitabile è la sinagoga testimonianza di un'epoca in cui la comunità ebraica era molto consistente, oggi segnale di una politica che saggiamente persegue le finalità di coesistenza e dialogo tra i tre grandi monoteismi, l'islamico, l'ebraico e il cristiano. Molti passano solo poche ore a Essaouira, spesso con escursioni giornaliere da Marrakech che dista solo tre ore di macchina; ed è un peccato perché non si comprende l'anima della città se non ci si passa almeno una notte, quando, dopo la cena, si può fare lo struscio nella grande strada che taglia in due la medina, sul modello del decumano romano, o si può sorseggiare un cocktail dalle terrazze del Taros ascoltando musica, o un the alla menta in uno dei tanti caffè. Non mancate le prime colazioni alla pasticceria Driss che ha quasi un secolo di vita nel quale sembra aver avuto ben poche modifiche: una sala e un ampio cortile interno e le pareti piene di quadri, un personale tranquillo che non vi metterà alcuna fretta se deciderete di fermarvi più a lungo.
Il ritorno a Marrakech è dedicato agli ultimi acquisti ed è allietato da una divertente serata al Dar Essalam il ristorante del film di Hitchcock 'L'uomo che sapeva troppo' del 1956 in cui James Stewart è in grave difficoltà nell'osservare le regole marocchine dello stare a tavola. Oggi Dar Essalam non è solo un ristorante, nel quale comunque si continua a mangiar bene, ma un luogo che offre intrattenimento musicale e la danza del ventre.
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